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Chi mai penserebbe, osservando il nostro modo di mangiare, che l'alimentazione possa avere una sia pur minima importanza nel mantenimento della salute? Senza mezzi termini, il cibo è diventato o il "riempitivo" della pausa pranzo, in cui non abbiamo nemmeno il tempo di chiederci che cosa avremmo voglia di mangiare, o il pasto luculliano delle grandi ricorrenze, dove mangiamo di tutto e di più anche se di voglia non ne abbiamo affatto. Persino la cena dei giorni feriali ci vede arrivare a tavola, sempre stanchi, talvolta anche affamati se siamo riusciti a digerire il pranzo, con la speranza che in frigo ci sia qualcosa da riscaldare. Sempre che anche la cena non diventi un'occasione per parlare di lavoro, e magari una possibilità di concludere affari.
Non siamo consapevoli degli alimenti introdotti nel nostro corpo; siamo forse più interessati a ciò che possa garantire una pancia più piatta ed una migliore linea, rendendo il nostro aspetto più gradevole e quindi "economicamente sfruttabile", soprattutto in certi ambiti sociali e lavorativi. Non pensiamo quasi mai che il cibo introdotto, andando a costruire nuove cellule, diventerà parte di noi, fornendo il substrato biochimico persino a pensieri ed emozioni. Non lamentiamoci perciò se mangiamo male e viviamo anche peggio, perché le due cose sono interdipendenti tra loro.
La Medicina Tradizionale Cinese aiuta a riscoprire il ruolo degli alimenti e l'importanza, per il mantenimento dello stato di salute, di un'alimentazione adeguata alle reali esigenze del singolo organismo, determinate in primis dalla sua struttura metabolico-energetica, e secondariamente da età, stile di vita, ambiente climatico stagionale. Alcuni concetti sono a noi già familiari. Per esempio, rientra nelle nostre usanze consumare d'inverno alimenti bolliti e/o cotti per lungo tempo (stufati, brodi di carne, bolliti misti, arrosti al forno), riservando all'estate piatti freschi e verdure in agrodolce. A nessuno verrebbe certo voglia di mangiare il melone o il cocomero quando fa freddo! Certo che è così, ma perché?
Gli alimenti hanno una loro intrinseca qualità, detta "natura", indipendente dalla cottura: calda, tiepida, neutra, fresca o fredda. La natura può essere in parte modificata dalla modalità di preparazione dell'alimento stesso. Ad esempio, la mozzarella è molto fredda, soprattutto se mangiata appena estratta dal frigorifero; aggiungendo pepe nero, di natura calda, ne attenuiamo la freddezza, come pure impanandola e friggendola. La natura di un alimento viene percepita da ciascuno in modo diverso, a seconda del proprio metabolismo; alcuni non digeriscono il cocomero, così freddo da richiedere ore di lavoro allo stomaco, mentre altri lo consumano quasi ogni giorno d'estate. Un alimento è freddo quando richiede al nostro organismo molto calore/yang per essere digerito. D'inverno avremo bisogno di alimenti più caldi e speziati, soprattutto se lavoriamo in ambienti freddi, e meno se lavoriamo in ufficio, seduti al caldo. Parimenti, se a luglio arriva un colpo di freddo e la temperatura si abbassa bruscamente, sarà opportuno abbandonare le insalate di riso e tornare alle minestrine calde.
A molti sarà capitato di desiderare un dato cibo o sapore, o di non gradirne più uno utilizzato da tempo. Siamo diventati improvvisamente "lunatici" come sostengono i nostri familiari? Perché di punto in bianco il pane morbido si pianta sullo stomaco e quello speziato no? Questi desideri esprimono precise richieste del nostro organismo, da ascoltare e decifrare. Non costringiamoci ad assumere un alimento per compiacere i nostri commensali. Proviamo a percepire gli effetti che un dato cibo suscita in noi. Tutto ciò che è bianco è freddo; tutto ciò che è rosso è caldo. Così, ad esempio, tutti i formaggi freschi (mozzarella, ricotta, stracchino, ecc) sono molto freddi; il vino rosso è caldo, l'insalata rossa è più calda della lattuga (la costa bianca delle verdure è fredda). Tra gli estremi rosso e bianco, osserviamo i colori: il giallo della senape o il giallorosso dello zafferano sono più caldi del verde spento della soia verde o dei piselli. Il verde della lattuga è più freddo del verde del cicorino, e così via. Tutto ciò che è cotto è più caldo di tutto ciò che è crudo. Costruiamoci i nostri punti di riferimento personali!
Alimenti molto freddi possono essere mitigati dall'associazione con alimenti più caldi: mangiare la mozzarella con i pomodorini freschi è diverso dal versarci sopra sugo di pomodoro caldo. Le spezie sono in genere tutte di natura calda; ma il pepe e il peperoncino sono più caldi del rosmarino e della salvia, che sono più freschi dell'aglio; la menta è invece fredda, infatti si utilizza anche per la granita.
Altra qualità intrinseca dell'alimento è il sapore, che induce nell'organismo determinate reazioni. Il piccante fa sudare, permettendo, d'estate, di disperdere più facilmente il calore (non a caso al Sud si utilizza molto peperoncino); d'inverno invece riscalda il corpo e disperde col sudore i patogeni attraverso la superficie corporea (pensiamo all'effetto diaforetico sfebbrante del vin brulé o del brodo caldo). L'acido astringe; d'estate consumiamo volentieri i sottoaceti, che aiutano a ricostituire i liquidi persi con la sudorazione.
Sono queste mere banalità riservate a chi non debba correre tutto il giorno districandosi tra lavoro, casa, figli e famiglia? La mia esperienza è che il consumo consapevole di cibo aiuti a correre di sicuro con minor sforzo, e forse anche più in fretta!
Lo stato di salute o lo stato di malattia sono sempre espressione di equlibri o disequilibri costruiti, nel corso del tempo, dal sovrapporsi di tanti fattori, tra i quali l'alimentazione, che ci coinvolge per almeno tre volte al giorno, non può certo avere un ruolo così banale.
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