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TERAPIE
Le Pratiche (termine che, rispetto a "Terapie", rispecchia l'effettiva partecipazione del terapeuta nell'offrirle) Essene ed Egizie rappresentano il corollario di un percorso formativo iniziato con gli studi universitari di medicina. Solo oggi, grazie a Esse, mi sento completa come terapeuta, come se un qualcosa si fosse finalmente compiuto. Non mi era mai accaduto prima, nonostante le molteplici competenze acquisite.
La loro origine si perde nella notte dei tempi, tra sacerdoti terapeuti dell'antico Egitto e "Venerabili" rappresentanti di piccole comunità essene, eredi della sacralità dell'esistenza Umana e della relativa terapia.
Sono state riportate alla luce in questi tempi, insieme a molte altre conoscenze ben diverse rispetto a quanto ci sia stato tramandato o insegnato, da Daniel Merois (vedi l'omonimo sito) e Marie Johanne Croteau.
Fisica quantistica, metafisica e senso del Sacro stanno ormai trovando le modalità per riunirsi, in nome del Vivente che abita ciascuno di noi, conferendo a metodiche di esplorazione multidimensionale una dignità almeno pari al contesto scientifico nel quale io stessa sono cresciuta.
A mio parere cotituiscono al giorno d'oggi quanto di più attuale sia disponibile in ambito terapeutico, originando la sofferenza innanzi tutto a livello spirituale, livello che sempre più fattori disconnettono da quello fisico.
Come si svolge una Pratica Essena ed Egizia?
Il terapeuta costituisce "un tutt'uno" con il sistema energetico del paziente; utilizza le proprie mani come strumento di ricezione informativa e di conseguente azione terapeutica, appoggiate sul corpo del paziente, o tenute a pochi centimetri dalla pelle. Disporrà del fuoco di una candela, dell'acqua in una ciotola, di oli essenziali opportunamente diluiti, intermediari tra denso e sottile...
Si muoverà attenendosi a veri e propri protocolli, piuttosto che a informazioni ricevute attraverso il palmo delle mani o altri canali preferenziali.
Quali patologie possono giovarsi delle Pratiche Essene ed Egizie?
È la solita, impropria domanda...
Certo, disponiamo di protocolli precisi: per l'asma, per l'epatite, per la tiroide e così via. Ma i nomi sono solo etichette diagnostiche, categorizzazioni mentali. Non ci raccontano nulla del processo che ha portato la persona a sviluppare quella malattia, e anche se ce lo raccontassero una volta per tutte, non è detto che corrisponderebbe al vissuto del paziente davanti a noi.
Ad es., se l'origine di un'asma risiede in una collera così profondamente repressa da togliere il fiato, il protocollo specifico per l'asma potrebbe non dar luogo a un miglioramento durevole, se non essendo in grado di sentire, sotto le nostre mani, quel fremito di sofferenza inespressa, non sapremo lasciarci guidare lungo i meandri che lo veicolano attraverso il corpo, nel tentativo di portarlo a uno sfogo.
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